domenica 10 maggio 2015

Prime impressioni da Expo

Primi giri ad Expo e prime impressioni.
Expo 2015 doveva essere un evento di portata mondiale per discutere, riflettere e presentare progetti legati alla nutrizione del Pianeta. Ad oggi, del tema in oggetto se n’è ricordato solo Papa Francesco e le associazioni del Terzo Settore. Per tutti gli altri, Expo è innanzitutto un grande evento.

A dispetto dei no-Expo e dei “gufi”, Expo suscita una grande curiosità nelle persone e quasi tutti vogliono andarci almeno per vedere di che cosa si tratta o anche solo per poter dire di aver preso parte a un grande evento di portata mondiale. Il mondo ad Expo c’è: c’è nei padiglioni costruiti dai Paesi partecipanti, c’è nelle hostess che lavorano negli spazi e accolgono i visitatori, c’è nei gruppi organizzati dei turisti che vengono accompagnati dalle guide lungo il percorso, c’è nei prodotti presentati e, quindi, a maggior ragione ci vogliono essere i milanesi e gli italiani che hanno voglia di incontrare un pezzetto di mondo.
Il mondo che si presenta ad Expo, inoltre, è particolarmente bello, spettacolare, divertente, moderno e tecnologico. I padiglioni sono spettacolari, enormi e con al loro interno moltissime innovazioni da vedere. Non sono dei semplici spazi espositivi intesi nel senso tradizionale fieristico, in quanto l’esposizione (che pure c’è ed è prevalente) viene concepita come “experience” (“esperienza” nel senso di “vivere” qualcosa, partecipare a ciò che si vede e con cui si viene in contatto). Il che si traduce in un effetto “Disneyland” (come scriveva anche qualche quotidiano) in cui tutto è percepito come l’essere parte di un gioco spettacolare, a volte interattivo e divertente ma sempre e comunque sorprendente e bello.

È impensabile riuscire a vedere tutto in una volta sola o due, non solo per le enormi dimensioni degli spazi (in alcuni casi, forse, un po’ eccessive) ma anche perché ogni padiglione avrebbe la pretesa di essere l’unico e di trattenere al suo interno i visitatori il più a lungo tempo possibile, proprio per consentire davvero a chi entra di percepire il tutto come “experience” e non soltanto come una visita di passaggio. L’idea è molto nobile, soprattutto nei casi in cui si vogliono comunicare anche contenuti importanti e istruttivi ma poco agevole se si pensa al costo elevato del biglietto di ingresso e al fatto che, spesso, chi arriva non ha poi possibilità (economiche o di tempo) di tornare e vuole cercare di vedere più cose possibili in quell’occasione.

Alcuni giornali si sono soffermati a raccontare più volte le cose che non funzionerebbero: in realtà, chi arriva in Expo dei malfunzionamenti se ne accorge poco, così come ha poca importanza il fatto che non tutti i padiglioni e i cluster siano perfettamente attivi e operativi, perché di cose da vedere ce ne sono talmente tante che non si avvertono le mancanze.
L’unico reale dubbio riguarda la scarsa percezione del tema di cui Expo si dovrebbe occupare e, in questo, forse una maggior segnalazione degli eventi (conferenze, dibattiti, ospiti, incontri, presentazioni, inaugurazioni dei padiglioni) sarebbe sicuramente di grande aiuto perché ad oggi un calendario delle iniziative non è pubblicato da nessuna parte e non arriva neanche ai giornalisti accreditati. Le hostess spiegano gentilmente a chi lo chiede che è meglio guardare sul sito quotidianamente perché c’è una media di 77 eventi al giorno nelle giornate di punta e diventa difficile stilare un calendario preciso, inoltre, chi arriva può guardare sui tabelloni appesi ad ogni colonna del “Decumano” (corridoio centrale). Tutto vero solo che anche sul sito e sui tabelloni non sempre le iniziative sono segnalate oppure, anche quando sono segnalate, non sempre sono accessibili (un esempio è stato il collegamento con l’astronauta Samantha Cristoforetti di venerdì pomeriggio: nessuno tra il pubblico che si aggirava per il sito era consapevole del fatto che ci fosse e dove si svolgesse o se vi si potesse assistere o meno). Idem per gli ospiti istituzionali: chi è conoscenza delle visite, lo è per canali suoi ma inviti e annunci non vengono fatti (presumibilmente anche per ragioni sicurezza).

C’è da dire che, probabilmente, il grande pubblico non è nemmeno troppo interessato a questo tipo di incontri mentre sembra prediligere la “festa” e l’evento appunto e, in questo ambito, i momenti di divertimento non mancano, a partire dalla caotica e rumorosa parata di Foody e di altri pupazzoni con cui tutti si cimentano a scattare selfie: un appuntamento chiassoso e un po’ carnevalesco che sicuramente piace ai bambini ma che diverte anche i grandi. Così come divertono gli spettacoli del Kazakistan, nel piccolo palco davanti al padiglione, in cui a volte appaiono ballerine in costume e altre volte c’è spazio per la musica dance. La musica è presente anche intorno ad altri padiglioni (ad esempio Azerbaijan o Messico) oppure viene portata da animatori improvvisati del Decumano in vari punti del percorso.

Cose belle ce ne sono anche nei padiglioni degli sponsor e delle tanto contestate multinazionali: lo spazio della Coca Cola è sempre affollatissimo, così come lo sono quello della Lindt o dei Baci Perugina (molto romantico) o l’Algida ma è molto bello e interessante anche lo spazio della Granarolo. C’è da dire che gli spazi delle multinazionali e degli sponsor sono anche stati i primi ad essere pronti perché, normalmente, quando un’azienda investe in qualcosa ha tutto l’interesse a guadagnarci anche in ritorno di immagine e, quindi, garantisce immediatamente la piena operatività del suo investimento, cosa che, purtroppo, non tutti gli Stati (per varie ragioni) sono riusciti a fare.

In generale, in Expo funziona che le cose si trovano ma non sempre si riescono a cercare: la segnaletica è quasi completamente assente ma, anche in questo caso, non è che se ne senta la mancanza perché ci sono molte cose da vedere e quello che non si trova in un punto, sicuramente, ci sarà in un altro. Così come mancano le panchine lungo il Decumano e mancano gli “sgabelli” nel Lago dell’Albero della Vita, ma ci si può sedere lo stesso ovunque sui prati, sui bordi o sulle gradinate di alcuni padiglioni, ai tavolini o alle sdraio dei bar…
Spiace anche un po’, nei primi giorni, non aver trovato il cosiddetto “bookshop” ufficiale con i gadget ufficiali della manifestazione: oltre ai “negozi” interni ai singoli padiglioni (in cui ciascun Paese vende il proprio merchandising), infatti, l’unico bookshop aperto era la libreria Mondadori (che pure vendeva libri su Expo, guide al sito espositivo e gadget) ma non è la stessa cosa, soprattutto pensando ai turisti che magari vogliono portarsi a casa un ricordo della visita all’evento. Gadget ufficiali di Expo sono disponibili presso l’Expo Gate in piazza Cairoli a Milano ma, a parte i prezzi altissimi (servizio di sei tazze con logo Expo da 36 a 77 euro a seconda della dimensione, sacchetti in stoffa da 16 euro, portachiavi con Foody e poco altro) non è che ci sia proprio un gran che da scegliere e, soprattutto, nulla che ricordi la manifestazione. Quindi, meglio armarsi di buone macchine fotografiche, dotate di validi flash (perché gli interni dei padiglioni sono spesso scuri per creare atmosfera) e portarsi a casa qualche bella immagine di ciò che si ha avuto la possibilità di vedere.

Girando per il Decumano e guardando dall’esterno i padiglioni, comunque, le architetture per quanto grandi e spettacolari sono nulla rispetto allo spettacolo che vi è all’interno di essi.
Tra questi, meritano sicuramente il Padiglione Zero, all’inizio del Decumano per chi arriva dalla metropolitana o dalla stazione FS con i Frecciarossa. Si tratta di un padiglione enorme e meraviglioso, che racchiude al suo interno la storia dell'umanità, riprodotta con immagini, suoni, modellini, tecnologia e innovazione. Entrare lì dentro appena arrivati ad Expo è un ottimo modo per immergersi nella meraviglia della manifestazione ripercorrendo le tappe racchiuse nei cassetti della “Biblioteca della memoria” (riprodotta in dimensioni enormi) dal mondo animale alla coltivazione dei campi, al paesaggio urbanizzato fino all’età moderna di speculazioni di borsa e sprechi.

Altrettanto spettacolare ma allo stesso tempo dinamico e interattivo è il padiglione della Germania. Dentro è fantastico: si può toccare qualunque cosa, giocare con gli oggetti, sentire il vento, animare con il computer una galleria di prodotti da supermercato che alla vista sembrano tutti uguali, percorrere una serra, vedere spuntare i germogli grazie ad un cartoncino bianco che prende vita appoggiandolo sui vari oggetti esposti... I bambini si divertono moltissimo e gli adulti anche. L’unico difetto è che si tratta di un percorso obbligato che si fa in gruppo e che dura circa mezzora, con tanto di spettacolino finale (molto bello e divertente a cura di due giovani che riproducono il suono degli animali) e si è sempre in piedi perché non c’è nulla per sedersi. Insomma, fantastico, da non perdere perché merita davvero ma da fare esclusivamente se si è riposati e se non si ha fretta perché, una volta che si è entrati, si deve seguire il percorso fino alla fine e non si può uscire come e quando si vuole.

Un mondo a parte è, invece, il padiglione del Regno Unito: è un giardino delicato e sollevato da terra (perché rappresenta il prato visto come lo vedono le api) e all’interno si dimentica il vociare caotico della “fiera” e si sentono solo i suoni della natura. Ci sono anche delle piccole panchine in legno per chi ha voglia di fermarsi e restare un po’ a godersi il verde e il relax. Il tutto culmina con un grande alveare metallico (su cui è installato un palco per suonare), a cui si accede tramite una scala che porta al piano superiore, dove si trova anche il bar.

Atmosfera tipicamente americana la si respira nel padiglione degli Stati Uniti, con ampi spazi, tabelloni luminosi con immagini e messaggi a scorrimento e hostess che sorridono e salutano ad ogni passaggio.

La Francia non si smentisce mai e anche ad Expo non perde occasione per mostrare la sua “Grandeur”, esponendo (in modo spettacolare, calandoli dal soffitto o da strani ombrelli) i suoi prodotti tipici e le sue migliori produzioni ciascuna legandola alla propria zona di origine.
Subito fuori dal padiglione, accanto alle giostre dei bambini, ci sono anche i camioncini “Street Food” (metà francesi e metà americani) con baguette, crepes, hamburger e cibo a prezzi abbastanza abbordabili.

Quello del mangiare in Expo, infatti, è un vero problema. Sembrerà paradossale ma alla manifestazione dedicata al cibo, riuscire a trovare cose commestibili in tempi rapidi e a prezzi economici non è proprio semplice.
Gli spazi gestiti da Eataly sono molto grandi e ben attrezzati: al loro interno ci sono “ristoranti” di tutte le Regioni e anche pizzerie ma i prezzi non sono sempre adeguati per tutte le tasche e, soprattutto, non sempre quando si arriva a visitare un evento gigantesco (per dimensioni) quale è Expo si ha voglia di fermarsi troppo al ristorante per mangiare, mentre magari si preferisce prendere qualcosa di spiccio e fermarsi giusto un attimo per riposare ma poi riprendere il fretta il giro (anche perché appunto, con i prezzi dei biglietti, non tutti hanno la possibilità di tornare più volte).
Un self-service a prezzi più contenuti è all’inizio del Decumano (per chi entra dalla parte della metropolitana), altri bar sono disseminati nelle aree gioco per i bambini oppure vanno cercati in fondo ai padiglioni o di lato o comunque non in luoghi troppo visibili ma, purtroppo, non in tutti i bar si mangia: in alcuni si può soltanto bere. Nel bar accanto al padiglione del Belgio vendono le patatine fritte ma, ovviamente, appena si sparge la voce, il locale viene assaltato (soprattutto dai ragazzi ma non solo) e conquistarsi il cono di patatine, in alcuni orari, è complicato.
Altri luoghi economici sono gli stand dei “Toast”, italiani, ma quelli che vendono comunque non sono toast oppure il Mc Donald (lontano per chi gira a piedi e arriva dalla metropolitana).
Si può mangiare anche in alcuni padiglioni ma, ovviamente, i prezzi salgono perché si tratta di cibo tipico del Paese in cui si è ospiti. Poi ci sono i vari punti di cibo bio (slow-food, coldiretti, area padiglione Italia, terzo settore in Cascina Triulza).
In generale, però, è complicato gestire il come mangiare perché, anche quando si è notato un luogo poco costoso o con il cibo che si gradisce, non sempre si ha la possibilità di andarci perché è molto più facile fermarsi dove ci si trova quando ci si accorge di avere fame e cercare di accontentarsi con quello che c’è in quell’area senza stare a tornare indietro alla ricerca di posti che magari poi risultano già pieni.
Resta che, purtroppo, a parte i ristoranti, mangiare qualcosa di spiccio oppure cercare di fare una merenda al pomeriggio con qualcosa di salato (pizzette, focaccine, toast) è praticamente impossibile. L’unica vera salvezza sono i gelati: ci sono alcune gelaterie artigianali (una nel cluster del cacao e un’altra in Italia) ma sono più comodi i carrettini del Magnum Algida che girano lungo il Decumano e che, prima o poi, si ha la fortuna di incrociare e riuscire a mangiare almeno un gelato!

Per avere indicazioni su qualunque cosa, comunque, ci sono i cosiddetti “volontari”, vestiti da capo a piedi con cose a marchio Expo, che sono tantissimi, si aggirano ovunque e – a dire il vero – non sembrano avere molto da fare, anzi, molto spesso sembrano turisti: visitano i padiglioni, si siedono sulle panchine o nei prati, girano in compagnia. I “volontari” hanno anche le cartine del sito di Expo ma occorre chiederle: di loro spontanea volontà non dànno niente e nemmeno dicono niente ma non è che ci sia poi molto da dire perché quello che c’è si vede e, se serve qualcosa di non visibile, lo si può sempre chiedere. Probabilmente, il loro supporto è più utile nei week end, che sono giornate di grandissimo afflusso.

In generale, comunque, l’afflusso delle persone è enorme anche durante la settimana dove, se non ci sono i turisti, ci sono le scolaresche, i giornalisti, gli operatori del settore e ci sono soprattutto ora che l’evento è appena cominciato, è forte del lancio da parte dei media e c’è molta attenzione e curiosità di andare a vedere di che si tratta.
Fino ad ora le maggiori code per accedere ai padiglioni si hanno nei Paesi europei (Italia, Austria, Germania, Spagna, Francia) e poi Brasile (dove tutti vogliono provare la camminata sospesi sulla rete), Messico, Stati Uniti, Israele e qualche Stato Arabo (in cui i più giovani si divertono a scattare foto con le persone dell’accoglienza, tutte in costume tradizionale; ma anche per salire sulla sabbia del Kuwait).

Il Padiglione Italia è il più ricercato dagli italiani, ovviamente. Grande successo lo riscuote anche il lago con l’Albero della Vita, dove di giorno volano le bolle di sapone e di sera inizia lo spettacolo delle luci e dei giochi s’acqua.
L’acqua, comunque, la si trova anche tutto intorno al sito di Expo, nel canale che attornia i padiglioni e in altre fontane di vario tipo sparse all’interno dell’area.
Unico “padiglione” – se così lo si può chiamare – veramente brutto è quello di Regione Lombardia: una stanza, un po’ imboscata con un tetto spiovente all’esterno in cui vi era una grossa croce in legno verde su un prato verde, poi ricoperta un telo di plastica bianco con sopra le rose camune simbolo della Regione (che, a guardarlo, sembra una cosa non finita, ancora impacchettata in attesa di essere scoperta), con davanti una specie di cane lupo verde chiaro (sembra in plastica) e all’interno le immagini del territorio lombardo proiettate sulle pareti accompagnate dall’apparizione di ologrammi di personaggi (un po’ inquietanti) che parlano in lingue sconosciute. Alcuni giornali hanno scritto che in quel “padiglione” sono vietate le foto, in realtà non c’è alcuna segnaletica che lo indica ma verrebbe da pensare che è meglio così, almeno il mondo eviterà di vedere una tale bruttura che può solo far sfigurare rispetto alla bellezza strabiliante di tutto il resto.

Un altro luogo molto frequentato e molto ben funzionante è il cluster del cacao, o meglio, ciò che vi è attorno: la gelateria, i piccoli stand di vendita di cioccolato (in tavolette, liquido, in crepes, in yogurt, in gadget) e l’area dibattiti in cui si alternano continuamente presentazioni e momenti di intrattenimento sul tema del cacao. La fortuna di quest’area è sicuramente dovuta alla passione di tutti per il cioccolato ma anche perché si trova ben visibile lungo il Decumano e sufficientemente vicino all’inizio del percorso per chi arriva dalla metropolitana. Un ottimo avvio lo ha avuto anche il cluster del caffè (inaugurato pochi giorni dopo e già affollato) e in parte quello del riso (la cui partenza è stata un po’ più problematica). Anche questi ultimi si trovano lungo il Decumano a poca distanza dal cluster del cacao e, quindi, facilmente raggiungibili e ben visibili.

Per agevolare la visita, lungo il perimetro esterno di Expo corre anche la navetta, che è molto utile per arrivare da un’estremità all’altra del sito senza stancarsi. L’unico problema è che non è indicata, per cui bisogna avventurarsi verso il retro dei padiglioni fino a cercare di capire dove si trovano le fermate. La realtà è che essendoci comunque da camminare molto, si finisce per preferire camminare dentro al Decumano e farsela a piedi vedendo qualcosa anziché avventurarsi all’esterno alla ricerca della navetta.

Gli aspetti da migliorare, insomma, sicuramente non mancano ma l’evento è appena partito e ci sarà il tempo di aggiustare ciò che deve esserlo. In ogni caso, dalla maggior parte delle persone non vengono percepiti grossi disagi ma, anzi, in generale, tornando a casa, rimane la sensazione di aver visto qualcosa di spettacolare accompagnato dall’emozione di aver preso parte ad un grande evento. Resta lo stupore per l’attrattività di alcuni padiglioni, la sensazione di aver respirato l’aria di alcuni Paesi visitati e l’idea di una sorta di grande festa collettiva in cui ci si è divertiti.